Note Legali – Legittimità Ordine

ORDINI NON NAZIONALI

Prof. Avv. Renato de Francesco

Presidente di Sezione della Suprema Corte di Cassazione

La legittimità e validità in ITALIA

degli Ordini Cavallereschi “ Non Nazionali”

secondo gli insegnamenti della Corte di Cassazione

Con Prefazione del

Prof. LUIGI GIANNETTI – Consigliere di Cassazione

Arti Grafiche LEONE

Nardò 1959

PREFAZIONE

S.E. l’avv. Prof. Renato de Francesco, Presidente di Sezione della Suprema Corte di Cassazione, torna a noi con un commento ad alcune recentissime sentenze pronunciate dalla Corte Suprema di Cassazione della Repubblica Italiana in materia di Ordini Cavallereschi non Nazionali.

Il de Francesco si fa conoscere alcuni anni or sono con un aureo studio di carattere nobiliare genealogico dal titolo “Michele II Angelo-Comneno e la sua discendenza” Casa ed. Ferrari 1950 Roma.

Alcune sue teorie sugli Ordini Cavallereschi, sul concetto di “dinastia” ecc si sono talmente affermate che ormai possiamo dire, non vi è studio o sentenza su questioni nobiliari o cavalleresche che non riportino in tutto o in parte le sue teorie medesime.

S.E. de Francesco, pertanto, non ha bisogno di presentazioni. Quarantotto anni prestati al servizio della Giustizia nella Magistratura Italiana, fin quasi ai supremi fastigi, costituiscono la garanzia massima dell’acutezza, dell’intuito e della precisione giuridica, che contraddistinguono l’esimio magistrato.

Ecco come il primo Presidente della Corte Suprema di Cassazione, S.E. Ernesto Eula, ha giudicato il de Francesco magistrato all’atto del suo collocamento a riposo per limiti di età:

“……..Il saluto viene dal cuore per il sentimento di affettuosa simpatia che è maturato attraverso i rapporti di lavoro, rapporti di comune travaglio, rapporti di amicizia durati per anni, quasi per tutta la vita. Il ringraziamento deriva dal consapevole apprezzamento della Sua opera appassionata fervida fedele ed intelligente, dedicata alla Missione della Giustizia attraverso funzioni varie e tutte delicate, amministrative e giudiziarie; una lunga dritta chiara via che ha avuto il suo degno meritato coronamento con la Sua elevazione alla Magistratura della Suprema Corte, alla quale ha dedicato con fervore e con competenza un’attività apprezzata e meritevole di ogni plauso……..”

Dal de Francesco, quindi, non potevamo attenderci anche questa volta che uno studio sintetico (quasi tacitiano), ma preciso, giuridicamente ineccepibile, chiaro. Pochi commenti ma indovinatissimi. Il De Francesco ha saputo bene mettere il dito sulla piaga, come suole dirsi, ponendo in luce una legislazione difettosa e gli enormi sforzi che sta facendo la Corte Suprema di Cassazione per renderla più aderente allo spirito ed alle libertà costituzionali.

La materia cavalleresca non è mai stata facile a doversi affrontare. Leggi affrettate, spesso imperfette, o, quanto meno, lacunose, talvolta dettate da motivi di ordine contingente e non storico, forse anche politico, hanno bisogno di una intelligente interpretazione da parte della Giustizia affinché il mondo non abbia a criticare la poca maturità democratica del popolo italiano.

Mai come in questa occasione la Magistratura si è dimostrata il vero e prezioso usbergo della libertà disciplinata di un Paese ancora “in fieri”. Le coraggiose, sensate, magnifiche sentenze della Cassazione meritano il plauso di ogni cittadino di alto sentire. Ed è proprio questo plauso che il de Francesco, con i suoi brevi commenti alle sentenze che andrà citando nella sua esposizione, ha inteso rivolgere alla Cassazione.

Prof. LUIGI GIANNETTI

Consigliere

della Suprema Corte di Cassazione

TESTO

In questi ultimi tempi è ritornata all’onore della cronaca quotidiana la “vexata quaestio” degli Ordini Cavallereschi, che, da qualche anno, sembrava ormai sopita dopo la emanazione della legge 3.3.1951 n. 178. Cosa prevedibile, del resto, poiché la imperfetta formulazione giuridica della legge medesima non poteva che portare a una serie di controversie di carattere giudiziario.

Nell’immediato dopoguerra, com’è noto, sono sorti in Italia una quantità di ordini cavallereschi. La inflazione di distinzioni onorifiche nel nostro Paese impressionò sia il Vaticano che il nostro Governo, preoccupati soprattutto della difesa degli Ordini della Santa Sede, di quelli nazionali, dell’Ordine di malta e di quello del Santo Sepolcro. Dopo una laboriosa vicenda legislativa fu promulgata una legge , l’unica della specie in tutto il mondo, che stringeva esageratamente i freni in materia di distinzioni onorifiche, giungendo laddove mai era giunto neppure il vecchio regime monarchico, per la verità assai più largo e più democratico in fatto di Ordini Cavallereschi non statuali.

La legge 3.3.1951 stabilì, con l’art. 7, che: “ i cittadini italiani non possono usare nel territorio della Repubblica onorificenze e distinzioni cavalleresche loro conferite da Ordini non nazionali o da Stati esteri, se non autorizzati con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministero degli Affari Esteri”.

Con il successivo art. 8 si dispose. “ salvo rimanendo il disposto dell’art. 7 è vietato il conferimento di onorificenze, decorazioni, e distinzioni cavalleresche, con qualsiasi forma e denominazione, da parte di enti, associazioni, e privati”, conferimento che, come venne spiegato poi nell’art. 9 si intende vietato anche quando sia avvenuto all’estero.

La legge rappresentò un colpo di maglio potente, che se colpì Ordini poco seri nati solamente per fini speculativi o truffaldini, finì, per colpire tuttavia anche Ordini secolari, fondati su costituzioni severe, con un fondamento di religione e di beneficenza fuori da ogni discussione.

Le pubbliche autorità, sotto la spinta di istruzioni piuttosto severe, cominciarono una vera e propria caccia spietata a tutti gli Ordini, il che purtroppo fece passare l’Italia nel novero delle nazioni meno democratiche.

Probabilmente non si era compreso che terminato il fuoco d’artificio e i suoi primi entusiasmi, il popolo italiano avrebbe saputo sceverare il buono dal cattivo da sé, come del resto era già avvenuto in Francia, in Inghilterra ed in altre Nazioni Europee perfino a regime monarchico, col gettare il ridicolo sulle istituzioni cavalleresche nate solo per fini speculativi, e col dare invece impulso naturale a quelle sorte o riesumate per scopi altamente sociali.

Si commise, invece, l’errore di parlare di Ordini legittimi e non legittimi, veri o non veri, antichi e moderni, in una sarabanda che sconcertò l’uomo della strada e fuorviò perfino il legislatore, pressato da una campagna di stampa più o meno giusta.

L’araldo di tale campagna fu il Vaticano il quale, preoccupato senza dubbio della diminuita importanza dei propri Ordini e di quello di Malta e del Santo Sepolcro, gettò l’ostracismo contro tutti gli Ordini Cavallereschi esistenti in Italia, non statuali, e su un’infinità di ordini esteri. Chiamandoli falsi ed illegittimi. Così facendo, il Vaticano, commise un errore giuridico, giacché non è possibile chiamare illegittima o falsa una associazione cavalleresca, anche se nata oggi, che sia stata regolarmente costituita con atto notarile o le cui costituzioni siano state registrate secondo le leggi.. D’altra parte anche gli Ordini “cosiddetti riconosciuti” ma non statuali (come ad esempio l’Ordine di Malta) come sono nati? In un non lontano passato un gruppo di valorosi e pii cavalieri si riunirono in associazione, si dettero delle costituzioni e iniziarono una gloriosa tradizione di bene e di religione che ha dato fama e decoro nei secoli all’Ordine stesso.

Ma, fino a prova contraria, anche l’Ordine di Malta ha avuto una data di nascita né ad alcuno venne mai in mente nei primi tempi della sua vita, di chiamarlo ordine illegittimo o falso. Si potrà, quindi, parlare di Ordini non riconosciuti ma non di Ordini falsi. Di ciò parlerò ancora.

L’equivoco giuridico nel quale cadde il Vaticano fece risentire i suoi effetti anche sullo Stato Italiano, il quale non volle essere da meno ed emanò la citata legge, che non ha precedenti, come già scritto, nella storia legislativa del mondo intero. Quale conseguenza il Ministero degli Esteri d’Italia diramò a tutte le nostre rappresentanze diplomatiche una nota verbale, con la quale praticamente si dava ad esse mandato di “perseguitare” gli Ordini Cavallereschi anche all’estero, facendo un lungo elenco di Ordini, definiti falsi ed illegittimi. In tal modo però il nostro Ministero, e quindi la Nazione Italiana, finiva per ingerirsi nella vita di libere istituzioni cavalleresche, araldiche e nobiliari, che avevano sede giuridica e legale in Paesi Esteri.

Ma, come era da prevedersi, la maggior parte dei paesi non gradì tale ingerenza, tanto che, quasi per reazione, molti Governi inondarono di riconoscimenti vari le sopra specificate istituzioni di cavalleria, che tanto bene spargevano intorno a se nell’interesse della società.

Così molti Paesi Esteri, purtroppo per noi, ci dettero una lezione di altissima civiltà democratica. Ci auguriamo che tali lezioni siano state apprese perché l’Italia è stata sempre maestra di diritto e di civiltà e non può ora abbassare il suo preclaro livello perdendosi in simili quisquilie.

Purtroppo, “ dura lex, sed lex “: Il legislatore ha sempre ragione e i cittadini convinti o no, contenti o scontenti, sono obbligati a rispettare la legge, anche la più severa, almeno nel territorio italiano.

Però, come era facile prevedere, poiché la suddetta legge non si reggeva su presupposti giuridici veramente sentiti nei secoli ma aveva un carattere contingente, presentò dei punti di infelice formulazione, tali da aprire la stura ad una infinità di processi, la maggior parte dei quali non favorevoli alla tesi eccessivamente restrittiva dello Stato né alla tesi degli organi vaticani.

Il che è ovvio. Laddove manca la legge, supplisce, con la sua equità, il proprio equilibrio, con la millenaria esperienza, con la probità e con la serietà, la Magistratura. Anzi, in Italia, abbiamo la fortuna di possedere, è un giudizio dei Paesi esteri questo, una della migliori magistrature del mondo, tra le più preparate.

Tornando al fatto essenziale, dirò che la legge 3.3.1951 ha usato perfino una formulazione erronea, giuridicamente parlando.

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Segue una lunga e dottissima disquisizione sugli ordini cavallereschi ed equestri e

sulla loro distinzione in Nazionali, Non Nazionali ed esteri ed ancora una volta equipara

l’Ordine si S. Brigida a quello di Malta.

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L’Ordine suddetto (di S. Brigida n.d.r.) fatto oggetto di molti attacchi forse per l’invidia originata dall’importanza da esso assunta nel mondo, è stato di recente riconosciuto dalla Magistratura.

Il Tribunale Penale di Benevento, sez. 2^, nella sentenza n. 172/1957 R.G. e n. 187/1958 registro Sentenze, in data 15 aprile 1958, a proposito del conte Vincenzo Abbate de Castello Orléans e del suo Ordine, così scrive testualmente:

Questi (il conte Abbate) è realmente Generale Gran Maestro dell’Ordine Militare di S. Brigida di Svezia; e lo è per diritto ereditario, in quanto l’Ordine, che è di origine remotissima, come da documenti e pubblicazioni esibite, venne riesumato nel 1859 dal nonno dell’odierno imputato, conte Vincenzo Abbate senior. La difesa ha esibito, fra l’altro, un verbale di deposito di documenti redatto dal Notaio Cav. Attilio Marino nel 1929, e cioè in epoca non sospetta, e fra i documenti depositati v’erano le Costituzioni dell’Ordine. Ha esibito, altresì, una fotografia di Francesco II, ultimo Re delle Due Sicilie, recante dedica al detto conte Abbate, dalla quale risulta che anche detto Sovrano era membro dell’Ordine Brigidiano.

E’ evidente che non si tratta di uno dei tanti ordini fasulli, pullulanti dopo l’avvento della Repubblica, per ingannare la dabbenaggine di tanti cittadini che non sapevano rinunciare alla parvenza di una croce di Cavaliere…..Interessa all’Abbate far stabilire, ma il collegio si può esimere dal compito di indagare dopo aver raggiunto il risultato di cui innanzi, se l’Ordine di che trattasi debba annoverarsi fra gli Ordini privati, aboliti dalla legge, o fra gli Ordini non nazionali, le cui onorificenze, conferite all’estero, possono essere portate in Italia, previa autorizzazione. La tesi dell’Abbate ha moltissimi punti a suo favore ma il Collegio non può attardarsi in un esame del genere, superfluo ai fini della decisione della presente causa”.

La Cassazione ha voluto invece dire di più. Infatti, nella sua sentenza n. 1624 del 23 giugno 1959 Reg. Gen. n. 24430/58), il Supremo Collegio ha scritto testualmente.

Ed invero risultano acquisiti i seguenti elementi:

a)- carattere ereditario dell’Ordine di S. Brigida di Svezia (fondato nel 1370 ed approvato dal Papa Urbano V), riordinato nel 1859 dal conte Vincenzo Abbate senior e pervenuto << jure sanguinis>> all’attuale imputato, nipote ex frate del conte Abbate predetto;

b)- precedenti storici circa l’esistenza e l’effettiva attività benefica dell’Ordine in pieno svolgimento nel Regno delle Due Sicilie (pubblicazione del Fenicia esistente nella Biblioteca Nazionale di Napoli),

c)- carattere internazionale dell’Ordine (con statuti 8.12.1948 e successivi, desumibili dalla natura della organizzazione attuale che si estende in molti Stati Esteri (in genere in quasi tutti gli Stati dell’America del Sud, con delegazioni e luogotenenze con sedi proprie all’estero; la Luogotenenza dell’Europa ha sede a Malta e Luogotenente Generale è il cittadino inglese C. Cassar) con sede originaria a Madrid trasferito poi a Panama, dal Patronato dell’Ordine accettato dal Presidente della Repubblica Argentina che ne è anche il Gran Maestro onorario 8es lettera del Gen. Peron ) e con Patronati di altri capi di stati esteri ( Panama, Cile, dipartimento di Stato della California, Argentina, Cuba), che hanno arrogato a se stessi la prerogativa del diritto autonomo del conferimento delle onorificenze, nonché dallo scopo dell’Ordine che è quello di propagandare la Fede Cattolica in tutte le parti del mondo e di promuovere la riunione di tutte le chiese cristiane sotto il Supremo Magistero del Pontefice Romano e di prestare assistenza alle missioni cattoliche, alle vedove, agli orfani e agli ammalati, scopo reso più attuabile dall’aggregazione dell’Ordine ai Monasteri si S. Brigida, dall’attualità del funzionamento dell’ordine, desumibile dalla rivista dell’Ordine del 1949, 1950 e 1953 nonché dall’intervento, quali Gran Priori, di nazionalità Italiana e straniera, nella organizzazione dell’Ordine a tutela delle proprie finalità religiose. La predetta disamina ben avrebbe potuto condurre il giudice di merito, attraverso il necessario esame degli elementi di fatto esistenti, ad un accertamento definitivo. Ed invero la natura di ente privato dell’Ordine Militare di S. Brigida e la possibilità di considerarlo come emanazione di privato va esclusa per la sua natura di vero e proprio Ordine Cavalleresco ereditario, fondato cioè da una famiglia nobile, la quale trasmette ai vari Capi di nome e d’Arme della famiglia stessa la carica di Gran Maestro (nota dell’autore; se è esclusa la natura di ente privato per gli ordini cavallereschi ereditari , secondo appunto l’insegnamento della Suprema Corte, tanto più deve escludersi il carattere dell’ente privato per gli Ordini Dinastici, di collazione gentilizia di famiglie Sovrane o ex regnanti ). L’accentrazione di tale carattere non privato si è poi avuto attraverso le varie fasi di sviluppo dell’Ordine, culminate con l’accettazione dell’alto patronato dell’Ordine del Gen. Peron. E’ ovvio, d’altra parte , che non trattasi di Ordine Estero, cioè emanazione della sovranità di Stati stranieri. Non resta che affermare il carattere di Ordine non Nazionale, che discende in via logica dal carattere internazionale della organizzazione.

L’esistenza di detta terza categoria (Ordini non Nazionali) rientra d’altro canto nella previsione normativa chè altrimenti il legislatore ben avrebbe potuto astenersi dal configurare questa particolare categoria di Ordini che non sono nazionali e neppure emanazione diretta della personalità di diritto pubblico degli Stati Esteri, che nondimeno esistono e sono ugualmente suscettibili di disciplina legislativa. E ciò tanto più che la nostra legislazione, una volta ammessa l’esistenza di detti Ordini non Nazionali, non ha ancora provveduto ad una regolamentazione specifica in materia e non ha inteso istituire un controllo ed una vigilanza per ciò che concerne gli effetti del conferimento e dell’accettazione lecita, ai sensi dell’art, 7, nel territorio dello Stato come, per esempio, pratica lo Stato di California col sistema della registrazione ma ha preferito seguire l’altro sistema. Quello cioè di subordinate l’uso delle onorificenze all’autorizzazione del Capo dello Stato. Per quanto nella elaborazione legislativa non è spiegato che cosa debba intendersi per Ordine non nazionale, è d’altra parte chiaro che l’affermato carattere internazionale dell’Ordine, nel senso della sua estensione nella sua attività, non potrebbe portare ad una identificazione del concetto di Ordine non nazionale dell’Ordine, nel senso della estensione delle sue attività, non perché è troppo chiaro che soggetti di diritto internazionale sono più gli Stati e che debbono restare salvi i limiti fissati dal principio di sovranità statale. Né il carattere non nazionale di un Ordine Cavalleresco potrebbe intendersi subordinato alle condizioni che esso sia l’emanazione di uno di quei soggetti con personalità giuridica internazionale, riconoscimenti tali in vista di speciali altissime finalità ( O.N.U. Comunità Europea Acciai e Petroli), non essendo permesso all’interprete di andare oltre la lettera della norma. Vera conferma di ciò si ha rilevando che l’Ordine di Malta ha egualmente carattere non nazionale, non in vista di un particolare carattere di ente di diritto pubblico internazionale, che neppure possiede, ma proprio in considerazione delle sue tradizioni, delle sue origini insigni e della sua espansione in rapporto al carattere internazionale. Per quanto in campo più ristretto le stesse prerogative vanno riconosciute all’Ordine di S. Brigida di Svezia”.

Come il lettore avrà potuto rilevare e come ho già sopra accennato, dall’insegnamento della Suprema Corte di Cassazione si evince che debbono intendersi per “ Ordini non Nazionali “ ai fini della vigente legislazione limitativa italiana, gli Ordini Dinastici (è una conseguenza logica e indubbia del ragionamento della Cassazione, come ho sempre detto), e gli Ordini Ereditari, che abbiano una estensione di carattere internazionale ( non nel senso pubblicistico della parola, perché carattere internazionale in tal senso non ha neppure l’Ordine di Malta, ma lo hanno solamente gli Stati).

Tutti gli Ordini devono intendersi privati, cioè rientrano nella terza categoria, da me elencata più sopra. Ordini che sono fondati da privati cittadini o costituiti tra privati cittadini e nei quali la carica di Gran Maestro è elettiva.

A proposito della carica di Gran Maestro sempre la Corte suprema di Cassazione Sezione 3° penale con sentenza n. 4503 nell’11. 7. 1958 (reg, gen, 6102/1956), ha sancito il seguente principio:

ed invero non può ritenersi che alla carica di Gran Maestro di un ordine cavalleresco, anche se non riconosciuto o riconoscibile, possa essere attribuito il carattere di onorificenza, decorazione e distinzione alla stregua della L. 3/3/1951.

L’appellativo di Gran Maestro di un Ordine non può che essere considerato in riferimento al contenuto di detta carica che implica piuttosto un ufficio quale è quello di dirigere ed amministrare un Ordine. Né vale obiettare che tra le decorazioni derivanti dal Gran Maestro questa rappresenti la espressione della più alta carica di tutte le distinzioni. Occorre invece ritenere, con un criterio interpretativo più aderente alla detta configurazione della norma, che il Gran Maestro di un Ordine Cavalleresco, considerato che tale sia “jure sanguinis” sia “jure elettivo”, impersonifica una carica e un “jus imperii” ed ha un compito di dirigenza e di organizzazione. Come tale, è al di fuori dei concetti di onorificenza, decorazione o distinzione, che attengono invece più propriamente agli insigniti, nei confronti dei quali è peraltro diretta la ragione della tutela”

Indubbiamente brillante è stato il ragionamento della Cassazione, che ha puntualizzato come la carica di Gran Maestro sia in sostanza “qualità” e non “qualifica”, sottile ma giusta distinzione che non tutti fino ad ora avevano compreso.

Né abbiamo terminato: Infatti, a proposito dell’uso delle onorificenze concesse da Ordini non Nazionali, la Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n. 2008 del 23.4.1959 (reg. gen.

n. 3909/59), ha stabilito che un uso limitato di onorificenze di Stato estero o di Ordine Non Nazionale può essere consentito anche se manchi l’autorizzazione del Capo dello Stato.

Nella sentenza si aggiunge che le onorificenze di Ordini non Nazionali sono state mantenute, considerando che anche altri organismi, oltre lo Stato, possono essere soggetti di diritto internazionale, in vista delle loro finalità.

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Seguono altre dotte disquisizioni ed interpretazioni sulla concessione, accettazione ed uso delle onorificenze.

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Le elaborate e dottissime decisioni della Suprema Corte di Cassazione che hanno finalmente messo un poco di ordine nel groviglio dottrinario che si era venuto creando in epoca recente in odio a tutti gli Ordini, all’infuori di quelli Nazionali e di quelli del Santo Sepolcro e di Malta, non possono che ottenere il consenso unanime dei giuristi e degli studiosi.

La giurisprudenza, così, ha messo un primo punto fermo alla complessa questione, e, soprattutto, ha combattuto le erronee affermazioni di diritto contenute nel famoso comunicato della Santa Sede, pubblicato nell’Osservatore Romano del 21.3.1953, a proposito degli Ordini Cavallereschi, nonché nella nota verbale del Ministero degli esteri d’Italia inviata a tutte le nostre rappresentanze diplomatiche.

Nel suddetto comunicato, la Santa Sede, “allo scopo di evitare equivoci e impedire la continuazione di abusi a danno delle persone in buona fede, deplora il fenomeno del sorgere di pretesi ordini Cavallereschi ad opera di iniziative private che hanno il fine di sostituirsi alle forme legittime di onorificenze cavalleresche “ il comunicato continua “Come altre volte già si è avvertito, questi sedicenti Ordini assumono il loro nome sia da Ordini realmente esistenti ma da diversi secoli estinti, sia da Ordini rimasti allo stato di progetto, sia infine di Ordini veramente fittizi e che non hanno avuto mai un precedente nella storia. Tra questi Ordini, che non hanno in alcun modo un’approvazione della Santa Sede, vengono annoverati quelli di……”. E qui, fra Ordini di scarsa o niuna importanza, sono annoverati Ordini seri e più che legittimi.

Orbene, la Santa Sede a suo tempo, come già sopra affermato, cadde in un grosso equivoco giuridico, equivoco nel quale purtroppo continua a permanere, perché, a quanto risulta, sono frequenti i richiami che la Santa Sede fa ai Vari Vescovi e Nunzi Apostolici in relazione al suddetto comunicato.

Innanzi tutto, non si riesce a comprendere quale potere normativo abbia la Santa Sede e come possa dettare legge in materia di Ordini Cavallereschi. Non si comprende, inoltre, come la Santa Sede possa parlare di “pretesi Ordini”, di “ sedicenti Ordini” (non avendo essa alcuna veste giuridica)

Per sé, come ho già fatto rilevare, non è possibile parlare di “illegittimità” di un Ordine, neppure se esso fosse veramente privato. Si potrà affermare che non ha riconoscimento statuale, che è proibito in uno Stato, mentre è tollerato in un altro o addirittura riconosciuto in altri Stati, ma come si fa, secondo diritto, a parlare di “illegittimità”?

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La Santa Sede si sarebbe dovuta limitare, e sarebbe stato nel suo diritto sovrano, a dichiarare che nel suo Stato non riconosceva i seguenti Ordini ………………………..……………………omissis……………………………………………..

In conclusione, non può parlarsi di legittimità neppure a proposito degli Ordini di carattere privato. Si deve parlare solo di Ordini Nazionali, Ordini non Nazionali (comprendendo anche gli Ordini Dinastici e quelli Ereditari) e di Ordini Privati”. Che poi la Santa Sede o gli Stati riconoscano o meno tali Ordini, li tollerino o meno, è un’altra questione. Ciascuno è padrone a casa propria.

Senonchè mi viene fatto di pensare, alla luce di una infinità di critiche che provengono da ogni parte del mondo, che lo zelo insistente spiegato dalla Santa Sede nel ribadire sempre i medesimi concetti, nonostante la opposizione di molti Stati, tenda a portare ad ogni costo alla valorizzazione solo di alcuni Ordini, quali l’Ordine di Malta e quello del Santo Sepolcro, a detrimento di altri non meno seri e legittimi.

Non penso assolutamente che possa trattarsi di una vile questione di moneta, ma di prestigio forse si. Però resta il fatto che la Santa Sede o gli Stati non possono capovolgere il diritto comune e, soprattutto, il buon senso giuridico.

Ecco perché la Suprema Corte di Cassazione Italiana, con la consueta saggezza, perizia, obiettività e serenità di giudizio, ha cominciato a chiarire molti punti oscuri aprendo la via della verità.

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